QUATTRO OSSERVAZIONI DEL BOSCO è impossibile venire al dentro se prima non si viene al di fuori (Dante, Convivio, II, 1) Verde cupo, l’ombra imperforabile sulla collina, massa vegetale orizzonte taciturno e amorfo: questo, sentenzia Lennard, è il bosco ma Abele sa: sono roveri e faggi: la stagione dei narcisi verrà persa nei propri passi e i nomi conoscono i nostri occhi, li hanno visti formarsi nel ventre, opache perle. Oltre, dentro, solo un altro tempo vede non questo che misura in ore e Morgane non sa se restare sveglia o sognare le attese dell’assiolo tradurre gli aliti e gli alburni inquieti, lei che conosce dei rami i cifrari, e delle ali sa gli angoli del decollo. Ma quali sensi fanno blu il canto il volo delle spine, la loro pioggia? Chi sa cantare alla gioia della morte? Ha tutti i nomi: bosco, corteccia, foglia, linfa, fuoco sotterraneo e sublime, bianco, e rosso ché cresca e si offra. Passa non visto, non udito. Cos’è questo niente che divora? Restino, a dubitare, le mani. (da Presagi, promesse, partenze. - inedito)
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Lucio Tosi
- 05/09/2017 17:56:00
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Chissà che direbbe Dante ascoltando queste parole. Di sicuro non nellinferno.
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Jacob l.
- 03/09/2017 19:41:00
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Testo di profondo significato. Brava Amina Narimi con la sua esegesi rabbinica biblica. Pardes, il frutteto o il Paradiso.
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amina narimi
- 03/09/2017 18:49:00
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Ho seguito il tuo bosco ed il suo quattro, come casa porta soglia e povertà.. La lettera che in ebraico rappresenta questo numero è Dalet la porta aperta, un mondo che si espande in quattro direzioni, come una poesia.. Curiosamente poi la gambina del ghimel(la G, il benefattore) che la precede si appoggia quasi al fianco della porta, dicendo come stia cercando il bisognoso, e quella di dalet, con lo stesso tratto, affinchè, anche il bisognoso, si renda disponibile. Mi hai portato passegginado a ricordare che nel Tempio antico cera una stanza speciale, detta la camera del silenzio, in cui poteva entrare chiunque, povero o ricco, ma solo una persona alla volta. Chi poteva, lasciava un dono. Chi aveva bisogno ne prendeva in forma discreta , nessuno sapeva dell’altro.. Settanta livelli di lettura ci offrono le cose, e le poesie I Nostri Padri li raccolgono in quattro livelli chiamati Pardes, il giardino, dove possiamo mangiare frutti ed acquisire forza, massa vegetale, semplice come la prima lettera di Pardes, la P
La seconda, la R di remez è quella di Abele che sa dei roveri e faggi, di chi li ha visti formarsi nel ventre come Il Battista Gesù,
la terza lettera, D, darsh, è “ scrutare, gli aliti come gli alburni inquieti, darsh è anche “esigere” oltre, un’istanza interiore, un ulteriore messaggio
la quarta lettera S è la parola sod, è il segreto, è il bambino che cresce dopo essere stato grande nel bosco, nella corteccia, in una foglia, nella linfa . è fuoco e come amo dire se nel verde del sinoplo vive il rosso, Noi finisce nel fango per brillare.
Stupefatta dalla bellezza, un chiaro nel bosco e oltre
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Nando
- 03/09/2017 14:25:00
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Come Laura, che ringrazio, poiché, per aver seguito le sue tracce di apprezzata commentatrice - quanto il "critico" influenza le scelte di lettura! - anchio attenderò, chi, più adeguato, esprimerà un commento degno di questi versi: ma nel frattempo, colto dal "prurito" della parola, anchio ridirò una, pure se piccola, eco di lettura.
La poesia è davvero di elevata scrittura, molto curata lessicalmente e ben costruita attorno al tema portante, ancorché,per suoni immagini e fine grana di tessuto discorsivo, già appaga di bellezza il gusto del lettore. Ma vengo al tema, di cui do la mia interpretazione:
Fino a che il nome non definisce le cose, a tal proposito è interessante notare il passaggio dallindefinito di Lennard al dettaglio di Abele, il reale "passa non visto/non udito". Ecco, allora, perché Morgane può sia rimanere svegli sia sognare; uscita fuori a nominare o a conoscere i nomi delle cose, ora può tornare dentro, dove "un altro tempo vede "non questo che misura ad ore". Sembra quindi diventare unevidenza tutto ciò che è stato nominato (ricorda la richiesta di Dio ad Adamo) ed il dubbio della morte, del "niente che divora" non rimarrà che alle mani, segno di quel senso, il tatto, che per sua natura e vocazione è "materialista".
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Laura Turra
- 03/09/2017 06:04:00
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Già da una prima lettura si ha la consapevolezza di essere di fronte a un testo poetico di alto valore. Quindi è molto difficile per me scrivere un commento che sia adeguato al livello di questi bellissimi versi, ma voglio dire ugualmente qualcosa perché troppo sono stata toccata dalle tue parole, Alfredo. La chiave di tutto il testo è quella frase di Dante posta in epigrafe: andrebbe meditata a lungo e applicata anche a noi stessi. Io la interpreto così: non si può accedere allessere delle cose se non passando per la realtà, non cercando di conoscerla in ciò che la rende viva ai nostri occhi. A seguire, la poesia si dispone su quattro stanze (appunto, quattro osservazioni): la prima allude a una visione dinsieme e superficiale del bosco; la seconda ne dà un dettaglio più accurato, ma pur sempre esteriore. Ecco poi la terza e la quarta stanza: sublimi nel loro arrivare a un punto culminante della conoscenza. E qui luomo ha solo domande che attendono una risposta che non si può dare da solo. Cito i versi che più mi colpiscono: "Oltre, dentro, solo un altro tempo vede / non questo che misura in ore" e "Passa non visto, non udito. / Cos’è questo niente che divora?". Alfredo, se avessi travisato il senso, ti prego di scusarmi, ma così ho sentito questa tua. Spero che altri, più capaci di me la possano meglio commentare. Un carissimo saluto
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